Oratorio di sant'Ippolito
Vicende storiche
A poca distanza dall'attuale ubicazione sorgeva già in antico una chiesa dedicata a sant'Ippolito: durante la visita Castelli del 1579 veniva descritta come vecchia ed in rovina e ciò dimostrerebbe una certa vetustà.
Va aggiunto un altro indizio: il culto a Ippolito era particolarmente caro alle popolazioni longobarde come i vicinissimi culti dedicati a sant'Agata - la patrona titolare della chiesa di Trescore Cremasco - e Lorenzo, cui è dedicata la parrocchiale di Azzano.
Nel 1608 iniziava la costruzione dell'edificio attuale su sollecito del vescovo di Crema, monsignor Gian Giacomo Diedo. Solo al completamento del nuovo tempio fu demolita la precedente chiesa, lasciando in piedi il solo campanile, abbattuto nel 1730 dopo la costruzione della nuova torre campanaria. Nei decenni successivi si provvedeva alla decorazione interna chiamando, tra l'altro, uno dei più illustri artisti cremaschi del Seicento, Gian Giacomo Barbelli.
Il campanile era dotato di due campane fuse dai Crespi nel 1756, requisite per scopi bellici nel 1942 e sostituite da due nuovi bronzi nel 1949 fusi dalla ditta Dadda di Crema.
Interventi importanti, soprattutto col fine di limitare l'umidità ascendente, furono intrapresi nel 1969 cui seguì un primo, parziale restauro degli affreschi.
Ma dopo ancora molti anni di degrado nel 1999 veniva concluso un complesso restauro operato dalla famiglia Novali che ne riportava il ciclo allo splendore primitivo.
Nel 2017 veniva concluso un ulteriore intervento condotto dall'architetto Magda Franzoni volto ad una generale pulizia esterna dell'edificio; contestualmente veniva totalmente recuperata la retrostante "casa dell'eremita" fino ad allora in grave stato di degrado.
La visita
La chiesa sorge isolata lungo la provinciale 2 Crema-Vailate ma raggiungibile dal paese usufruendo di una comoda pista ciclopedonale. L'andamento è est-ovest, con la facciata rivolta ad oriente.
La facciata è relativamente semplice: è a capanna caratterizzata da un zoccolo e da due paraste laterali. Il portale ha solo una semplice cornice e l'unico elemento decorativo è una trabeazione. Un'ulteriore cornice riquadra la monofora superiore, affiancata da due finestre cieche ai lati e da una terza posta sopra.
A differenza della chiesa che è intonacata, il campanile è in mattone a vista, suddiviso in riquadri con lesene angolari e fascia orizzontale. Una cornice in aggetto divide la canna dalla torre campanaria con lesene agli angoli che sostengono una trabeazione liscia. Le aperture sono a tutto sesto. Il coronamento finale è composto da un corpo esagonale con cupoletta in rame e croce apicale.
L'interno è a navata unica a due campate con trabeazione a vista ed è totalmente affrescato.
Gli affreschi
Ipotizzato il termine della costruzione pochi anni dopo il 1608, iniziava con ogni probabilità verso la fine di quel decennio la decorazione degli interni realizzando gli stucchi ed i primi dipinti, quelli della controfacciata e delle pareti laterali di autore ignoto; le affrescature sono divise su due livelli; a quello inferiore della parete destra sono dipinte due scene: le Marie al sepolcro e Sant'Orsola con le sue seguaci. Sulla parete sinistra vi è raffigurata la scena del Martirio delle Vergini di Colonia assalite dagli unni.
Sulla fascia superiore corre una fascia architettonica, come un loggiato a finestre rettangolari all'interno delle quali si affacciano figure di santi: san Carlo, la Madonna di Loreto, sant'Ambrogio, san Sebastiano, san Pantaleone, san Giovanni Battista, san Biagio, san Contardo, san Michele arcangelo e sant'Antonio abate. La serie di santi della parete sinistra è interrotta da finestre vere.
Sulla controfacciata, sopra il portale, corre un palco con, probabilmente, l'antica funzione di cantoria. La parete è affrescata con Angeli cantori ed il Padre eterno, posti a lato della finestra centrale.
La zona presbiterale è l'unica di attribuzione certa: fu realizzata da Gian Giacomo Barbelli nel 1641 come si evince da una scritta. Sul fondo un'architettura di colonne e nicchie è sormontata dal Padre eterno; sulle pareti sono dipinti: a sinistra san Defendente e san Fermo, divisi dalla finestra che illumina l'altare; a destra santa Caterina e sant'Appolonia, cancellata quest'ultima nella parte inferiore per ricavare una porta. Gli episodi più grandiosi sono quelli relativi a quattro storie dedicate alla Madonna, un quadro e tre medaglioni della volta (lo Sposalizio, l'Annunciazione, l'Incoronazione). Infine, l'affresco più solenne, il Sogno di Giuseppe, nel quale il Barbelli si prende la licenza di porre il padre putativo di Gesù nella casa di Maria mentre un angelo viene dal cielo per recare il messaggio di Dio.
L'eremo
Anche presso l'oratorio di sant'Ippolito stazionava permanentemente, in passato, un eremita: era un'usanza di molte chiese isolate che ricorreva, ad esempio, anche nel santuario del Marzale a Ripalta Vecchia e presso il santuario della Madonna dei Prati a Moscazzano.
L'eremita (in dialetto: rèmech) viveva in un'abitazione umile con un arredamento essenziale ed in completa povertà. Gli ereniti vestitivano sai, avevano i piedi scalzi, portavano la barba e vivevano esclusivamente della questua; pregavano molto e facevano aspra penitenza: inoltre, erano molto riveriti dalla popolazione locale.
Nei documenti d'archivio sono stati ritrovati alcuni nomi:
- fra Domenico Parmegiano, morto nel 1653;
- fra Francesco da Bergamo, morto nel 1682;
- fra Marco Avogadro, morto nel 1695;
- padre eremita Gambaso;
- Giovanni Pezzotto, morto nel 1699;
- padre Domenico Fabretto, morto nel 1708;
- fra Francesco Barbato, morto nel 1748;
- fra Lauro, morto nel 1760;
- fra Luigi Lanchartenh, morto nel 1791;
- Vitalis Pacificus, morto nel 1793.
Dopo questa data, forse a seguito dell'occupazione francese, vi sono nomi di persone celibi o vedovi, senza l'appellativo di “fra” o "padre", anche se, leggendo una corrispondenza del 1876 si cita di un fra Crispino che farrebbe supporre vi abitasse in quell'anno un vero frate.
Fonti
- Angelo Zavaglio, Terre nostre, ristampa, Arti grafiche cremasche, Crema, 1980.
- Don Costante Letterini, Quintano, tipografia Locatelli, Crema, 1990.
- Gruppo antropologico cremasco, I campanili della Diocesi di Crema, Leva artigrafiche, Crema, 2009.
- Giorgio Zucchelli, Sant'Ippolito di Quintano: uno scrigno d'arte, in Il Nuovo Torrazzo, sabato 27 maggio 2017.
Ultimo aggiornamento:
23/07/2018